martedì 27 maggio 2014

PANTELLERIA LUOGO DI RISCATTO PER PRATICANTI NON CREDENTI

Questa storia dimostra soprattutto quanto sia difficile per uno straniero riuscire ad imporsi in Italia anche quando si è in possesso di competenze specialistiche.
Daewood nasce a Bagdad nel 1962 ma fin da subito inizia a coltivare il sogno di trasferirsi all’estero. Siamo nel 1982. Tutti gli parlano bene dell’Italia, è il periodo della svalutazione delle lira e con 4000 dollari è possibile studiare all’università. Daewood prima fa un corso di italiano all’Università di Perugia poi intraprende alla “Sapienza” di Roma uno dei percorsi più difficili, uno di quelli che dovrebbero portare ad un’occupazione certa e qualificata: ingegneria aerospaziale con la specializzazione in astronautica. Tutto sembra filare per il verso giusto. A partire dal 1985, grazie alla padronanza dell’italiano e alle spiccate doti relazionali, ottiene un posto prestigioso nell’ufficio commerciale dell’ambasciata irachena. Allo stesso tempo si sposa con una connazionale che gli darà ben tre figli.
Poi inizia l’incubo. Il 2 Agosto del 1990, Saddam Hussein invade il Kuwait. L’Onu reagisce penetrando nel territorio iracheno il 17 Gennaio 1991 e contemporaneamente inizia l’embargo nei confronti dell’Iraq. E’ l’inizio di un conflitto che terminerà soltanto nel 2010. La prima conseguenza è la chiusura di tutte le ambasciate in Occidente e la cacciata di tutti i funzionari, Daewood compreso.
Allora nel 2011 decide di trasferirsi con tutta la famiglia in Libia da alcuni parenti, ma purtroppo di lì a poco sarebbe cominciata la primavera araba e dopo aver vissuto una prima fase di insurrezione popolare nota come rivoluzione del 17 febbraio, decide di scappare per tornare nuovamente in Italia. Da quel momento inizia un calvario che non sembra aver fine. Per pagare il viaggio per lui e la sua famiglia fu stato costretto a versare agli scafisti circa 4000 dinari libici, l’equivalente di un intero anno di stipendio. Non si può certo dire che il “viaggio” sia stato agevole: il barcone rimase infatti senza benzina e in balia delle onde per più di una settimana fino a quanto riuscì a mettersi in salvo grazie ad una nave militare italiana.Arrivato nel nostro “bel paese” la prestigiosa laurea ottenuta, non suscita l’interesse delle aziende italiane e per mantenere la famiglia, Daewood si presta ai lavori più umili: cameriere, facchino, autista, attacchino. L’ambasciata nel frattempo ha riaperto ma Daewood non ne vuole sapere né di tornare in patria né di riproporsi ai suoi vecchi datori di lavoro. La guerra ha lasciato strascichi molto pesanti e le conseguenze peggiori sembrano toccare ai sunniti, l’etnia di cui fa parte Daewood e la stessa di Saddam Hussein. In Iraq attualmente i sunniti vengono perseguitati e Daewood ha persino paura a far conoscere le sue competenze ingegneristiche, perché teme le spie iraniane e ha paura per sé e per la propria famiglia.
L’ho conosciuto perché ha frequentato nella mia scuola, di pomeriggio, un corso per imparare a saldare insieme ad altre 50 persone che hanno più o meno la stessa storia, trasportati forse dallo stesso barcone della morte. Ora ha finito la formazione ed è felice di avere ottenuto un attestato di qualifica che gli ha consentito di entrare in stage in una piccola azienda sulla tiburtina. Con alcuni di loro, una volta a settimana entravamo nella nostra cappella scolastica per pregare in silenzio senza che nessuno indicasse o imponesse nulla, dove orientare lo sguardo, quali strumenti di preghiera utilizzare o se stare in piedi o seduti, ciascuno come meglio credeva e a suo modo seguendo la propria coscienza. Sono certo che molti di noi hanno pregato gli uni per gli altri. L’unica cosa che ci legava era la nostra vicinanza fisica e la certezza che un Dio, l’unico Dio di tutti gli uomini ci avrebbe sicuramente ascoltati. Pregare ogni giorno per Pantelleria vuol dire pregare anche per il Papa, per Daewood e per tutti coloro che continuano a scappare dalla sofferenza disumana provocata da altri uomini.
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2 commenti:

  1. Complimenti a Pierluigi per l'attenzione data alla persona di Daewood e per il racconto della sua storia. Avanti così all'Elis!

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  2. In questa storia quello che mi impressiona maggiormente è stato il suo ritorno in Libia, credo sia stato un errore è gli è andata anche bene viste le difficoltà che ha avuto per tornare. L'Italia non è certo il paese per una competenza come la sua, dovrebbe per me insistere dopo tante difficoltà ed impegno ora ricominciare da zero è lodevole ma perchè. Io vedo nel suo ritorno in barca una volontà diversa o forse è proprio questa. Auguri

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