giovedì 15 maggio 2014

Davide, Mirko, Mario, Vittorio, Fabio, Kevin, Paolo, Franco, Piero, Luca, Francesco, Cesare, Emanuele,.. (L'importanza del quotidiano)

Ogni mattina arrivo presto, prima del suono della campanella programmata per le 8.
Di solito prendo un caffè al bar davanti Scuola, ex Roma club casal bruciato e poi mi avvio per entrare. Stavolta, sul lato del cancello principale mi aspettava Davide che appena mi vede stende la sua mano aperta dicendo "Professò questo e pe lei..". Una piccola scatola trasparente che conteneva un Rosario con un moschettone da appendere al collo come una catenina, cosa che ho fatto subito davanti a lui e che ancora oggi porto con me. Si era recato lo scorso fine settimana in visita presso la chiesa di San Rocco a valle cupa con sua madre e in quell'occasione aveva pensato al suo Preside che spesso gli chiede di pregare per l'alunno che ne ha più bisogno.
Davide è figlio naturale di una famiglia slava della quale ricorda soltanto suo padre quando lui aveva tre anni.
Si ricorda che l' obbligava a starsene seduto sulla sedia di un bar tutto il giorno mentre lui smaltiva l'ennesima sbornia giocando fino all'ultima moneta con le slot machine.
Aveva fame, ma nessuno lo ascoltava e quando piangeva suo padre non di rado gli spegneva la sigaretta sul braccio per farlo tacere, ancora oggi porta i segni di quelle tremende cicatrici sulla pelle.
Da allora Davide non ha più pianto in vita sua neanche quando sarebbe opportuno per esprimere i suoi sentimenti più profondi, non ci riesce più perché associa l'emozione al dolore e alla violenza subita in tenera età.
Addirittura un giorno suo padre, stanco di vederlo gironzolare ai suoi piedi, lo gettò al di là dei cancelli di un campo rom, facendolo volare come una palla, poi scappò e lui rimase lì per un paio d'anni finendo sulla strada a chiedere l'elemosina.
Finalmente un giorno, la prima adozione, poi la seconda, la terza ma nessuna andò a buon fine, finchè non venne il momento di una famiglia che l'aveva perfino notato quando era costretto a starsene in un bar facendo la guardia al padre ubriaco.Suo padre adottivo, un gran padre, dice Davide, purtroppo muore due mesi fa di infarto ed ora è soltanto la madre, anch'essa malata di cancro, a doversi occupare di tutto. Vivono con altre tre sorelle a centocelle in una casetta con un po di terreno attorno. La vita è difficile perché sono molto poveri e Davide per far una sorpresa alla madre e per contribuire alle spese decide di piantare qualche pomodoro, zucchine, melanzane ed altri cose utili. Dice che sta benissimo quando si dedica all'orto e che spesso parla con le sue piantine che sembra l'ascoltino. Intanto Mirko, un altro alunno, è da più di un mese che è in ospedale e la sua assenza si fa sentire. Quando c'è parla poco perché ha una grave malformazione sin dalla nascita ma sorride ai suoi compagni che cercano spesso il suo volto durante la giornata. Ci sono anche tutti gli altri che passano ogni giorno in silenzio, educati, salutano, cercano la battuta, desiderano un po di attenzione e di incoraggiamento specialmente adesso che l'anno sta finendo e temono per l'esito finale. I docenti parlano di loro sui corridoi, davanti le aule, nel cambio d'ora o durante la ricreazione. La Scuola diventa un luogo sacro dove adulti e ragazzi ruotano attorno ad uno o più obiettivi comuni attraverso i quali passa e trova origine il futuro di questo nostro mondo.

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